Sì, hai letto bene: questo articolo si intitola proprio “cos’è il mosto” e non “cos’è il Mosto”, con la M maiuscola: per quello ti rimandiamo a un’altra pagina.

Visto che però il nostro podcast si intitola Mosto, non potevamo esimerci dal cercare di spiegare in maniera semplice cos’è il mosto.

Tieni conto che quella che segue non è una trattazione esaustiva sull’argomento, ma una semplice infarinatura di base che non tiene conto delle mille differenti pratiche che riguardano il mosto e che influiscono in misura più o meno rilevante sul processo di fermentazione.

Cos’è il mosto?

Il mosto è il liquido denso e torbido estratto mediante pigiatura dall’uva durante le prime fasi della produzione del vino. Si tratta di un elemento cruciale che determina le qualità e il carattere del prodotto finale.

Questo succo contiene non solo acqua e zucchero, ma anche acidi, minerali, vitamine, polifenoli e altri composti naturali che sono fondamentali per la fermentazione e per determinare le peculiarità di un vino.

Nell’uva il mosto, quindi, è il prodotto liquido della pigiatura, mentre la parte solida è rappresentata dalle vinacce, ovvero le bucce, i vinaccioli (ossia i semi) e in alcuni casi i raspi, ovvero le ramificazioni lignificate a cui sono attaccati gli acini.

Per quanto di solito quando si parla di mosto ci si riferisca al mosto d’uva, va specificato che il mosto, più in generale, è il prodotto della macinazione, pigiatura o spremitura di prodotti vegetali. Di qui in poi, in ogni caso, ci riferiremo al mosto d’uva nell’ambito della produzione del vino.

Estrazione del mosto: come funziona

Di seguito trovi riassunte le fasi principali del processo di estrazione del mosto:

1. Raccolta e selezione dell’uva

La determinazione del mosto inizia dal campo, con la selezione delle uve che devono essere sane e mature al punto giusto. La raccolta può avvenire manualmente o con macchinari, a seconda delle dimensioni del vigneto e delle pratiche sostenute dal viticoltore.

2. Diraspatura e pigiatura

Una volta raccolte, le uve vengono trasportate alla cantina dove solitamente subiscono la diraspatura, un processo che separa i grappoli dai raspi (ma non necessariamente, come ad esempio in alcune forme di vinificazione in rosso). Successivamente, le uve vengono pigiate per rompere le bucce e liberare il succo o mosto.

3. Chiarificazione del Mosto

Prima della fermentazione, il mosto viene solitamente chiarificato per rimuovere le particelle solide sospese che potrebbero influenzare la qualità del vino finale. Questo processo, noto come defecazione, può variare o essere saltato in base al tipo di vino che si desidera produrre.

Tipologie di mosto e loro utilizzo

Il mosto può essere classificato in base al suo grado zuccherino, che influenzerà il contenuto alcolico del vino finale. Esistono varie tipologie di mosto:

  • Mosto fiore: Questo è il primo succo che scorre dalle presse ed è solitamente ritenuto di alta qualità. Viene utilizzato per produrre tipologie di vino specifiche, ma non sempre è usato da solo.
  • Mosto di pressa: Ottenuto dalla pressione più intensa delle bucce, questo mosto è ricco di tannini e viene spesso usato per vini che necessitano di una maggiore struttura.
  • Mosto muto: Mosto che, per intervento diretto del vignaiolo, non è più in grado di fermentare e può essere utilizzato per diverse pratiche di intervento e con scopi differenti su altre tipologie di mosto.

L’importanza del mosto

Il mosto gioca un ruolo fondamentale nel determinare il profilo aromatico e gustativo del vino. La gestione accurata del mosto e la sua preparazione alla fermentazione sono passaggi critici che ogni viticoltore deve attentamente curare per assicurare che il vino finale esprima al meglio il potenziale dell’uva utilizzata.

Mosto: come intervenire per influenzare il vino

La manipolazione del mosto è una leva cruciale attraverso cui i vinificatori possono influenzare le caratteristiche finali del vino. Diversi aspetti del trattamento del mosto, come la temperatura di fermentazione, l’ossigenazione e l’aggiunta di lieviti selezionati giocano un ruolo fondamentale in questo processo.

Temperatura di fermentazione

Controllare la temperatura durante la fermentazione del mosto può avere un impatto significativo sul vino. Temperature più basse tendono a preservare gli aromi freschi e fruttati, mentre temperature più alte favoriscono la formazione di composti più complessi e strutturati.

Ossigenazione

L’esposizione controllata del mosto all’ossigeno può aiutare a stabilizzare il colore e migliorare la struttura tannica del vino. Per far sì che il mosto venga in contatto con l’aria, è fondamentale gestire al meglio il processo di follatura del vino, che se ben eseguito può portare a vini più rotondi e con una maggiore longevità.

Selezione dei Lieviti

L’uso di ceppi di lieviti selezionati durante la fermentazione del mosto può dirigere il profilo aromatico e gustativo del vino. I lieviti non solo convertiranno lo zucchero in alcol, ma produrranno anche una gamma di esteri e altri composti aromatici che contribuiranno al bouquet complessivo del vino.

In alternativa all’inoculazione di lieviti selezionati, si può lasciare che siano solamente i lieviti indigeni già presenti in vigna o in cantina a guidare il processo fermentativo: è quello che avviene, ad esempio, nei cosiddetti vini naturali.

Correzione dell’acidità

In genere, si interviene sull’acidità del mosto per aumentarla, in quanto un ambiente più acido risulta più protetto da proliferazioni batteriche o fungine: per farlo si ricorre all’aggiunta di acido tartarico, citrico o l-ascorbico.

Più raro che si ricerchi l’effetto contrario, salvo per correggere uve che in particolari condizioni climatiche non abbiano raggiunto la piena maturazione: in questo caso si possono utilizzare bicarbonato di potassio, carbonato di calcio o tartrato neutro.

Correzione del grado zuccherino

Per aumentare il tenore zuccherino del mosto si usa solitamente il cosiddetto mosto concentrato rettificato, mentre in Italia non è consentita l’aggiunta di zuccheri, salvo che in casi particolari.

Chiarificazione

Come abbiamo visto sopra, spesso si punta a chiarificare e illimpidire il mosto d’uva: per farlo si ricorre a specifiche sostanze come gelatina e bentonite e alla filtrazione per rimuovere le particelle solide.

Aggiunta di anidride solforosa

L’aggiunta di anidride solforosa al mosto svolge numerose funzioni, in quanto funge da antibatterico, protegge il mosto dall’ossidazione e dall’imbrunimento e favorisce molti altri processi, come ad esempio la chiarificazione del mosto e la solubilizzazione di sostanze contenute nella buccia dell’uva. Se aggiunta in quantità elevate inibisce la fermentazione e produce il cosiddetto mosto muto.

Macerazione

La macerazione delle bucce e dei vinaccioli nel mosto può estrarre aromi aggiuntivi e aumentare la complessità del vino, portando a note aromatiche inedite.

Tramite questi metodi e altri interventi tecnici, i vinificatori possono sfruttare il mosto per modellare il profilo del vino secondo lo stile desiderato e le aspettative del mercato.

Speriamo di averti chiarito, almeno a un livello di base, cos’è il mosto, e ti invitiamo a scoprire sempre più cose sul mondo del vino seguendo il canale YouTube di Mosto podcast!